Il presente testo - in superanteprima, poiché il volume verrà presentato a Perugia il prossimo 17 ottobre - è la mia presentazione al volume Ciboland, in uscita nel mese di ottobre. Spero in qualche commento da parte vostra: le critiche ed i consigli sono sempre bene accetti!
Il libro, tra l'altro, avrà anche la prefazione di Marco Pedroni, presidente di Coop Italia.
Ciboland.
Ovvero un misto tra Cibo, globalizzazione e Gardaland. E’ questa, in estrema sintesi, la mia visione di Expo 2015, quello che è stato il più importante evento mondiale che ha reso Milano la capitale culturale dell’alimentazione. Il Cibo (la maiuscola è voluta: oggi c’è una sorta di divinizzazione del mangiare, che riempie i palinsesti televisivi e le conversazioni da bar) è stato, senza dubbio, il protagonista dell’evento. Anche se le premesse e le tematiche, serie, che mischiavano ecologia e cibo sostenibile, buona alimentazione e rispetto per le risorse, sono state molto spesso, purtroppo, disattese. Non tanto dai partecipanti, quanto dal pubblico: sui 20 milioni di visitatori, quanti, effettivamente, hanno approfondito e capito le tematiche fondamentali di Expo? E quanti si sono semplicemente messi in coda dinnanzi ai padiglioni per vedere “la meraviglia” tecnologica, senza nemmeno rendersi conto del messaggio? E quanti - rimanendo delusi - erano convinti che Expo fosse una sorta di “salone del gusto”, con assaggi gratuiti (e subito a gridare allo scandalo e quasi al ladrocinio qualora al sushi di fugo fosse stato richiesto un obolo monetario) di specialità tipiche?
L’aspetto di divertissement, di giocosità dell’Expo è stato forse quello percepito maggiormente: in molti hanno visto la vasta area di Rho come una sorta di Gardaland per adulti (come amo dire “senza giostrine vomitine”), ma in realtà Expo è stato qualcosa di più, di molto di più.
Perché la tematica scelta, quella del cibo, nascondeva una lunga storia ed un vastissimo simbolismo. Ha un ruolo multiforme, crea identità, contribuisce a formare una comunità. Non è un caso che in moltissimi riti di passaggio il cibo sia protagonista. La stessa messa cristiana si basa su un rituale di cannibalismo, in cui il fedele si nutre del corpo transustanziato di Cristo, divenuto pane e vino.
Lo scopo di questo volume è questo: mettere un po’ di ordine, con ironia e l’occhio dell’antropologo culturale, in questo marasma che è l’alimentazione di oggi, ancorata troppo spesso a stereotipi.
Il libro nasce da una serie di studi che ho avuto modo di condurre, negli ultimi anni, sul territorio in ambito alimentare, ed è arricchito da alcuni case study riferiti all’Ossola, il territorio che principalmente studio, unito a diversi approfondimenti in ambito economico curati dall’amico Samuel Piana.
Parte di questi studi sono stati anche illustrati in alcune conferenze che ho avuto modo di tenere sia in ambito locale, ad esempio all’UniversiCà di Druogno, che ad Expo 2015, il più importante evento mondiale sull’alimentazione. Proprio ad Expo è dedicato un ampio capitolo, con numerosi spunti di riflessione. Infatti il mega evento non è stato solo una sorta di enorme luna park, come da molti è stato effettivamente percepito, ma un’occasione di dibattito sul futuro dell’alimentazione. Riunire 140 paesi in relativamente pochi chilometri quadrati è stata una vera e propria “manna” per un’antropologo che ha potuto fare un vero “giro del mondo” tra le autorappresentazioni delle varie comunità.
Inoltre, sempre insieme all’amico Samuel Piana, abbiamo tentato di “andare oltre”, di indagare contesti particolari, terribilmente contemporanei. E lo spunto, per quel che mi riguarda, l’ho preso da Duccio Canestrini, antropologo culturale che per primo ha studiato la cultura pop, che così impernia il nostro modo di vivere.
Un libro “atipico” di antropologia “atipica” quello che avete tra le mani, suddiviso tra teoria (il minimo sindacale) e pratica. Credo, anzi crediamo perché è un pensiero condiviso sia con Samuel che con tutte le altre persone che hanno dato il loro prezioso contributo alla realizzazione di questo libro, che oggi sia necessario un giusto equilibrio tra questi due estremi: alla gente, e le esperienze di IperLibro lo dimostrano, piace “mettere le mani in pasta”. Piuttosto che assistere ad una conferenze le persone preferiscono “mettersi in gioco”, vivere l’esperienza.
Ecco quindi che questo libro sarà, se vogliamo, un “viaggio”, o meglio ancora una “suggestione”, partendo da Expo, ed in particolare da Foody, per andare a ritroso nel tempo e nello spazio, tra cibi della tradizione e cibi del futuro, tra Ossola e resto del mondo, tra tradizione ed innovazione.
Perché, e noi ne siamo convinti, tradizione ed innovazione SONO due facce della stessa medaglia.
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